Archivio mensile Luglio 2023

๐‘ป๐’–๐’•๐’•๐’ ๐’Š๐’ ๐’ƒ๐’†๐’๐’†, ๐’•๐’–๐’•๐’•๐’ ๐’Š๐’ ๐’Ž๐’‚๐’๐’†, ๐‘ช๐’‚๐’“๐’๐’๐’‚ ๐‘ช๐’‚๐’“๐’–๐’๐’๐’Š, ๐‘บ๐’‚๐’๐’‚๐’๐’Š.

รˆ quasi lโ€™alba. Le strade sono piene di fango, ha smesso di piovere pochi minuti fa. La mia macchina รจ in panne e io sono ubriaca.
Maledetta macchina del cazzo, sono anni che mi riprometto di cambiarla. รˆ avvizzita per i chilometri che ha fatto. Ci sono ancora gli adesivi sul cruscotto: enormi, con i bordi allโ€™insรน, scollati dallโ€™umiditร , ma non cedono. Abitano da un secolo intorno al volante scucito e grigiastro: consumato comโ€™รจ, sembra un vecchio paio di pantaloni di pelle.
Questo rottame macina piรน rogne che asfalto ormai, si ingolfa e si spegne in continuazione. Non sopporta lโ€™acqua, il ghiaccio, la nebbia. Somiglia a lei. รˆ nera, piena di graffi, cupa ma resistente. Non riesco a ricordarmi il modello esatto, non me nโ€™รจ mai fregato granchรฉ delle auto. Una lunga berlina bassa, ammaccata e solida.
Nellโ€™immenso portabagagli ci sono ancora le sue lettere, i cappotti sparsi, i maglioni di lana, i poncho caldi che amava indossare sempre troppo grandi. Ci sono decine di multe non pagate, assegni strappati, cedolini di carte di credito appallottolati, mucchi di fotografie e una biblioteca surreale.
I libri erano sempre con lei. Di tutti i tipi: scrittori sconosciuti e mai comparsi nelle cronache, autoroni americani da Pulitzer, bozze di improbabili capolavori, thriller a decine. Qualche saggio anche, e tantissime biografie. Nessuna raccolta di poesie, quelle non le amava. ยซDanno emozioni troppo breviยป diceva. Tuttavia ne sapeva un sacco a memoria perchรฉ a scuola lโ€™avevano obbligata a fare le cantilene, e forse รจ nata lรฌ la sua avversione. Me lo ripeteva spesso: ยซLe poesie a pappagallo non servono a niente, le rime rovinano la musica e le scrivono i depressi. Meglio il rap alloraยป.
Eppure spesso mi regalava qualcosa: Alda Merini, Leopardi, Ungaretti, Quasimodo, Antoine Pol. Non le ho mai capite davvero, ma facevo finta. A lei stava bene cosรฌ. Poi quando sono cresciuta mi sono resa conto che erano solo i pensieri racchiusi dentro i versi a piacerle, cercavo in filigrana i suoi ragionamenti, i suoi trucchi, le sue memorie. In molte strofe li trovavo, in altre mi crogiolavo e basta. Le conservo ancora, sono tutte sbaffate, sottolineate dalla sua grafia. Era mancina e aveva sempre le mani sudate ma si ostinava a usare le penne a inchiostro liquido, rosa e gocciolanti, cosรฌ adesso i fogli oltre a essere ingialliti hanno anche degli aloni che sembrano di varechina, appiccicati e duri. Ogni volta devo staccarli uno a uno facendo attenzione a non strapparli.


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๐‘ป๐’–๐’•๐’•๐’Š ๐’…๐’๐’“๐’Ž๐’๐’๐’ ๐’๐’†๐’๐’๐’‚ ๐’—๐’‚๐’๐’๐’†, ๐‘ฎ๐’Š๐’๐’†๐’—๐’“๐’‚ ๐‘ณ๐’‚๐’Ž๐’ƒ๐’†๐’“๐’•๐’Š, ๐‘ด๐’‚๐’“๐’”๐’Š๐’๐’Š๐’.

La regola del formaggio (1974)
I.
Il ventotto di novembre, appena dopo il tramonto, una figura scende la strada sterrata a ridosso del bosco. Indossa un largo giaccone militare e scarpe di tela, avanza veloce tra sassi che le rotolano tra i piedi. La temperatura รจ scesa, forse nevicherร . Siamo in una valle stretta, da qualche parte nel Veneto nord-orientale. Quando la luna รจ piena il buio precoce non rappresenta un ostacolo: i raggi si riflettono sul sentiero restituendo una proiezione terrena del cielo, illuminano la figura e ne chiariscono i contorni di ragazza. Da una sciarpa di lana cascano capelli increspati di umiditร . Raggiunge un cancello in ferro battuto, infila la mano tra le sue volute, fa scorrere il chiavistello e percorre i pochi passi di giardino che la separano da casa. Sta tornando dai genitori, cui non dava notizie di sรฉ da quasi due giorni.
Posto che la finestra del bagno sarร  senzโ€™altro sbarrata, restano la porta principale e quella sul retro. Prima di scegliere a quale avvicinarsi, si ferma un attimo e rimane a guardare. Adesso รจ tutto color negativo fotografico, ma in presenza di luce la casa รจ gialla. Si sviluppa su due piani, e in cima ha una soffitta. Di sotto ci sono un cucinino, una sala da pranzo, un salotto. Di sopra ci sono due camere da letto. Lungo le scale di legno che collegano il sotto con il sopra si incontra il bagno (affaccio posteriore sul tetto del cucinino, ottimo per le fughe, meno per i ritorni). Tra il fuori e il dentro ci sono quaranta centimetri di pietre e calce impastata a mano. I muri sono cosรฌ spessi che ogni finestra รจ dotata di tre livelli di chiusura: i vetri esterni, i vetri interni e nel mezzo dei pesanti scuri di legno. Nelle crepe di questi ultimi si fa strada una lama di luce, suggerendo che, in questo momento, ci sia vita in sala da pranzo. Per il resto, la casa รจ muta e non ammicca. La ragazza non ha ricordi di quale sia stato il suo ultimo pasto, ma per evitare i vecchi salterebbe senza turbamenti la cena. Valuta i dintorni, che sono orti poveri, vitigni in bilico su rive scoscese, il pollaio, le conigliere, magari il rudere nel bosco. A questโ€™ultimo quasi rivolge un pensiero, ma il freddo che non si avverte camminando a passo svelto non รจ lo stesso di quando ci si rigira sulla terra battuta, senza neanche una coperta. Cerca un motivo per rientrare che sia diverso dalla mera sopravvivenza, qualcosa che abbia a che fare con lโ€™umano. Pensa che dentro, giร  accomodato su fogli di giornale, minutamente inserito nello scanso in basso della cucina economica, ci sarร  Poffy. รˆ tutto nero con qualche sbuffo bianco dovuto allโ€™etร . Da bambina lโ€™ha quasi ucciso perchรฉ non sapeva che per i cani il cioccolato รจ veleno e, a lui, lโ€™uovo di Pasqua sembrava piacere cosรฌ tanto.

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๐‘ต๐’†๐’“๐’‚๐’—๐’๐’“๐’Š๐’, ๐‘ด๐’‚๐’“๐’Š๐’Œ๐’‚ ๐‘ช๐’‚๐’Ž๐’‘๐’†๐’•๐’Š, ๐‘จ๐’–๐’ˆ๐’‰.

Prologo

Le avevano preso tutto: lโ€™autoritร  di suo padre, che giaceva riverso legato al melo del cortile, i ricci biondi di sua sorella, sparsi tra le bucce di patate e il sangue che imbrattava il selciato, le grida di sua madre, che si affievolivano alle sue spalle a ogni passo che le separava. Le avevano portato via anche la dignitร , che le scivolava lacera in rivoli rossi lungo le cosce nude, mentre senza respiro correva via dai diavoli che erano piombati allโ€™improvviso in casa loro.
Il corpo non le apparteneva piรน, la carne era livida di morsi, bruciava del seme che le avevano spinto dentro con la forza, il naso gocciolava sangue e muco ogni volta che si sentiva svenire e provava a respirare.
Non aveva tempo di pensare, solo lโ€™istinto di sopravvivere. Se avesse saputo, se avesse avuto modo di realizzare ciรฒ che le era accaduto, sarebbe rimasta a terra e avrebbe chiesto al cielo di chiuderle gli occhi per sempre. Invece si era alzata ed era fuggita, lontano da quelle mani che le avevano strappato di dosso i vestiti, dalle botte che lโ€™avevano fiaccata fino a farle perdere ogni volontร , dalla faccia terrorizzata di sua sorella che veniva stuprata accanto a lei. Era scappata, senza pensare che dopo avrebbe preferito essere morta.
Non aveva avuto il tempo di decidere con luciditร . I diavoli erano vicini, troppo vicini. Aveva le orecchie piene delle urla selvagge che levavano mentre finivano di massacrare la sua famiglia e non riusciva a strapparsi di dosso il puzzo acre dei loro umori. Non importava quanto avesse corso, era come averli portati con sรฉ. Lo sportello di ferro le era apparso davanti allโ€™improvviso. Salvezza, oppure morte certa. Non aveva neppure interrotto la fuga. Aveva afferrato la maniglia con le mani tremanti e tirato forte verso di sรฉ. Un calore intenso le aveva investito il viso. Un solo attimo di esitazione, poi si era accucciata tra le fauci di quella bocca nera, per nascondersi al resto del mondo.

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๐‘ณ’๐’†๐’’๐’–๐’Š๐’๐’Š๐’ƒ๐’“๐’Š๐’ ๐’…๐’†๐’๐’๐’† ๐’๐’–๐’„๐’„๐’Š๐’๐’๐’†, ๐‘ฝ๐’‚๐’๐’†๐’“๐’Š๐’‚ ๐‘ป๐’“๐’๐’, ๐‘บ๐’‚๐’๐’‚๐’๐’Š.

Mi ha raggiunta la bufera.
Lโ€™automobile ha arrancato nel tornante, dove un pino si รจ abbattuto per metร  e ora penzola ad angolo acuto, appesantito dalla neve.
Dal parcheggio si vede appena il profilo delle prime case, il resto del paesaggio รจ nella cappa.
Due passi ed รจ tormenta fin sulle labbra.
La cucina di Nanร  รจ illuminata, ma preferisco scendere a scaricare lo zaino prima che faccia buio. Sputa raffiche, questa bocca di brina gelata: attraversano i vestiti come farebbe un dardo e le ho sentite fin sulla pelle della schiena.
Il viottolo รจ quasi impraticabile. Devo aggrapparmi alle balaustre e agli angoli delle case per non scivolare sul ghiaccio che sta sotto la neve fresca. Mio padre si sarebbe messo a ridere nel vedermi cosรฌ goffa. Cโ€™รจ un silenzio integrale, nemmeno il gocciolare di una grondaia, che qui son tutte malconce e perdono come rubinetti. Nulla, solo il vapore del fiato che mi precede di mezzo passo.
Sono la prima a scendere in fondo alla borgata da un bel poโ€™ di tempo; nessuna orma, se non qualcuna di uccello sui davanzali. Di fianco alle stalle le pietre hanno scordato il profumo del letame.
Gli scarponi sprofondano. I muri calamitano la bufera, e cosรฌ fanno i vetri e tutto, impastando i colori in un malinconico grigio.
Il sorbo flette: orecchini di ghiaccio appesi ai rami hanno incastonato le ultime bacche, come รจ il cielo, che caglia nella tinozza dellโ€™inverno. Il piede del paese, tumefatto, รจ stretto negli strati di garza che la neve ha disposto, e la piรน disgraziata sembra la mia casa che, essendo unโ€™unghia puntata nel vuoto della valle, non puรฒ nascondere le sue piaghe.
Dalle gambe, un sentimento di ghiaccio si รจ aggrappato alla colonna vertebrale e ha tramortito le mani salde alla pala, stremate dalla neve che รจ marmo fino alla porta di casa.
Sputo sulla chiave e quella gira nel nottolino. Mi travolge il puzzo di cipolla e stantio. Scendo in legnaia, carico due gerle e le porto allโ€™asciutto. Nel giro di pochi minuti la stufa รจ accesa e sfiata, dalla trachea del camino, sbuffi sincopati e densi.

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๐‘ซ๐’๐’Ž๐’‚๐’๐’Š ๐’Š๐’๐’•๐’†๐’“๐’“๐’๐’ˆ๐’, Gaja Cenciarelli, Marsilio.

PROLOGO

La giraffa la guarda da dietro la recinzione. Si trova in un parco di periferia, devโ€™esserci un circo nei paraggi. Grazie alla sua mania di camminare, si รจ persa. Ha sentito parlare di questo quartiere non piรน di un paio di volte, non รจ mai riuscita a collocarlo allโ€™interno della sua geografia di Roma. Prima di uscire ha cercato le indicazioni per arrivare a destinazione sul sito dellโ€™Atac, ma poi, scesa dalla metro, presa dalla consueta smania di arrivare a piedi ovunque, ha perso lโ€™orientamento. I mostri bisogna conoscerli, coccolarli, conviverci, e poi camminarci insieme. Oggi credeva che, camminando, avrebbe avuto modo di pensare. Ora, perรฒ, anche se stesse pensando non se ne renderebbe conto. Che cosa fanno le scuole, di notte? Quali rumori ci sono nelle scuole, di notte? Viste da fuori sono pachidermi sornioni, ma dentro? La parete in fondo alla classe, dove appoggia le spalle il ragazzo dellโ€™ultimo banco dondolandosi sulle gambe della sedia. Le tubature vecchie, i cardini che cigolano. Il freddo, le finestre spalancate, i termosifoni che non funzionano mai come dovrebbero. Si ferma a guardare la giraffa, al di lร  della recinzione. รˆ il 19 novembre, piove e fa caldo, e dallโ€™erba del parco si alza un odore nauseante. Gli occhi dellโ€™animale la squadrano. La professoressa si chiede quanto altro tempo perderร  a osservare questo quadretto grottesco prima di capire chi dei due sia lโ€™attrazione da circo. Ultimamente, la sua routine linguistica quotidiana รจ: Io non so che fine farรฒ. Come farรฒ a salvarmi. La scuola, di notte, รจ buia?, si chiede. Si sente sola? Un meccanismo di proiezione da manuale, si risponde. Le tremano le gambe, come sempre davanti a un cambiamento. Sente il corpo tutto intero: suda, il sangue pulsa forte ovunque. Ha il respiro affannato. I mostri, i mostri. Non รจ allโ€™altezza. Non ce la farร . Non conosce nessuno. รˆ sola, in una scuola enorme. Non ha gli strumenti per affrontare i ragazzi di qui: che lingua parlerร ? Insegna Inglese ma non funzionerร , non รจ quella la lingua di cui ha bisogno, lei non sa se conosce la lingua giusta. Se ne accorgeranno, la uccideranno. Ha paura della scuola, lei che la scuola lโ€™ha sempre amata. Non รจ forse questo il vero amore? Sta guardando una giraffa in un parco di periferia, e si รจ persa. Non cโ€™รจ anima viva intorno a lei. Deve essere a scuola tra mezzโ€™ora. รˆ il 19 novembre, ha accettato una supplenza annuale. Stava andando a scuola prima di sprofondare in una Roma sconosciuta, e quella giraffa di merda continua a fissarla: e va bene, lโ€™ha convinta, รจ lei lโ€™animale da circo.

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๐‘ณ๐’‚ ๐’„๐’Š๐’๐’’๐’–๐’Š๐’๐’‚ ๐’”๐’†๐’๐’†๐’›๐’Š๐’๐’๐’‚๐’•๐’‚ ๐’…๐’‚๐’๐’๐’‚ ๐‘ฎ๐’Š๐’–๐’“๐’Š๐’‚ ๐’…๐’†๐’Š ๐’๐’†๐’•๐’•๐’๐’“๐’Š

Vi presentiamo le opere selezionate dalla โ€œGiuria dei lettoriโ€ della quinta edizione di ๐‘ญ๐’†๐’Ž๐’Ž๐’Š๐’๐’Š๐’๐’†, ๐’‘๐’๐’–๐’“๐’‚๐’๐’†. – ๐‘ท๐’“๐’†๐’Ž๐’Š๐’ ๐‘ณ๐’†๐’•๐’•๐’†๐’“๐’‚๐’“๐’Š๐’ ๐‘จ๐’๐’๐’–๐’Ž๐’Š๐’†๐’“๐’†.
La cinquina verrร  ora giudicata dalla โ€œGiuria delle esperteโ€, che decreterร  la terzina finalista e la vincitrice.
Nei prossimi giorni, come sempre, ve le faremo conoscere piรน da vicino attraverso lโ€™incipit e una foto di Karyn Minerva.

Nel frattempo, vi sveliamo i titoli:

๐‘ซ๐’๐’Ž๐’‚๐’๐’Š ๐’Š๐’๐’•๐’†๐’“๐’“๐’๐’ˆ๐’, Gaja Cenciarelli, Marsilio.

๐‘ณ’๐’†๐’’๐’–๐’Š๐’๐’Š๐’ƒ๐’“๐’Š๐’ ๐’…๐’†๐’๐’๐’† ๐’๐’–๐’„๐’„๐’Š๐’๐’๐’†, Valeria Tron, Salani.

๐‘ต๐’†๐’“๐’‚๐’—๐’๐’“๐’Š๐’, Marika Campeti, Augh!.

๐‘ป๐’–๐’•๐’•๐’Š ๐’…๐’๐’“๐’Ž๐’๐’๐’ ๐’๐’†๐’๐’๐’‚ ๐’—๐’‚๐’๐’๐’†, Ginevra Lamberti, Marsilio.

๐‘ป๐’–๐’•๐’•๐’ ๐’Š๐’ ๐’ƒ๐’†๐’๐’†, ๐’•๐’–๐’•๐’•๐’ ๐’Š๐’ ๐’Ž๐’‚๐’๐’†, Carola Carulli, Salani.

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